* lL BIGNAMI DEL MARKETING PER LE VENDITE ::

Quando si apre una start-up si parte dalle 3 F: fool, family e friends. Ovvero i primi a entusiasmarsi al progetto (saranno sciocchi perché non ci diventano certo ricchi, almeno non subito), e poi – o prima – familiari e amici. Funziona così qualunque progetto: da aprire una pagina su Facebook, LinkedIn o Instagram – dove i primi like sono di amici, parenti, dipendenti, fan (ne aveste) – a vendere un prodotto.

Abbiamo avuto tutti una zia che vendeva Tupperware, Avon, Bimby o Stanhome.

La necessaria sinergia col marketing

Cos’è successo nel mondo delle vendite con l’emergenza sanitaria in corso?
I commerciali, come le zie, non sono più andati a trovare a casa o in ufficio i potenziali clienti. E mentre le zie si organizzavano con nuovi mezzi, Confindustria organizzava corsi destinati alla forza commerciale dei propri iscritti per raccontare la necessaria sinergia col marketing che le aziende dovevano apprestarsi a fare. Da te in ufficio lo hanno fatto?

Ecco 3 cose che se lavori nelle vendite non puoi non sapere

Perché nelle vendite e non nel marketing? Perché il marketing serve a vendere e se non chiedi aiuto al marketing o se il marketing non ti aiuta continui a sfogliare la tua lista di contatti e finiti quelli hai finito di alimentare la pipeline.

1. Chef Tony, quello dei Miracle Blade, ha reso famosi i suoi coltelli mostrando cosa riuscivano a tagliare. In Will it blend? 14 anni fa Tom Dickson di Blendtech frulla un iPod e a seguire ogni modello nuovo di iPhone.

Sì, è importante quello che sai fare. Non quello che racconti ma non esiste.

2. Come ogni anno anche quest’anno ho guardato Sanremo che anche quest’anno è stato divertente e noioso il giusto (e io sono arrivata 6a nella mia Lega del Fantasanremo. Non sai cos’è? Ok, non è importante, ma sappi che ha acceso un faro sulle potenzialità lontanissime dall’essere saturate dell’integrazione tradizionale-digitale che paradossalmente erano già lì, aspettavano solo da anni di essere colte). Insomma tu lo hai visto? No, dici? Strano. Mancavi solo tu.

Si impara sempre da tutto, sai?

Un esempio pratico: nella prima serata il 70% dei telespettatori dai 15 ai 19 anni ha seguito il Festival di Sanremo su RaiUno (e 80% delle donne 20-24, 67,70% degli uomini della stessa età), nel frattempo però gli autori tv – che evidentemente non ci credevano – hanno scritto battute per il target 75 anni che è la percentuale di pubblico televisivo più alta fuor di eventi.

Ricorda: devi sempre sapere a chi stai parlando e usare temi, linguaggi, tempi giusti per il tuo pubblico.

3. Il passaparola è stimolato dai tuoi migliori clienti e alcuni di loro sono anche in qualche database. Vai a controllare.

sito Tupperware

Extra: Tupperware, dicevo. E che si impara da tutto, pure l’ho già detto?
La brillante strategia di marketing di Tupperware negli anni ’50.

 


RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI

Quello che hai letto è un pezzo della newsletter che ho spedito a febbraio 2022.

newsletter Domitilla

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❤️ Nel frattempo fai cose belle anche tu e se ti va ☕ ora puoi offrirmi un caffè.

 

* LA PAUSA PRANZO CON IL PESSIMO CAPO ::

Alieni, catastrofi naturali, guerre, inquinamento: i protagonisti, dopo essere sopravvissuti, devono sempre ricostruire un mondo migliore. Nei film post apocalittici la catastrofe è la metafora della necessità di cambiare abitudini che serve a farci dire: potevamo pensarci prima. Fermarci prima. Fare qualcosa di diverso. Prima.

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* PRONTI A PAGARE PER LA QUALITÀ A CUI NON SIAMO PIÙ ABITUATI? ::

L’unico modo per iniziare a cambiare le cose è vederle. Per questo la settimana scorsa dicevo che è importante (imparare a) parlare di soldi. Ma è importate parlare pure della qualità che quei soldi ci permettono di avere. Sul lavoro. Ma anche nel nostro tempo libero, quando mangiamo al ristorante, per dirne una.
Alessandro Borghese, in un’intervista del Corriere della Sera sul suo lavoro come ristoratore, ha detto: «Bisogna essere datori di lavoro seri, dare prospettive. Se vogliamo che questo settore sia centrale per l’Italia è l’unica strada. Senza personale qualificato non andiamo da nessuna parte, se si trovano male i clienti non tornano».
Vale per ogni cosa.

La spirale verso il basso

Anni fa, parlando di lavoro, un amico mi spiegava come succedeva che gusti e interessi si stessero appiattendo: siamo così tanto abituati al brutto che non ci stupiamo che il brutto chiami il brutto, in una spirale verso il basso temo senza fine. Non si può sempre guardare al risparmio immediato. Gli investimenti costano, anche tempo. Ma che si guardi solo come tagliare i costi, senza pensare al futuro, succede da sempre e dappertutto. E ora di più. (altro…)

* E TU QUANTO GUADAGNI? ::

C’è un grande tabù a parlare di compensi. «Quanto guadagni?» è una domanda molto personale (quanto fare domande su peso ed età), ma il punto è un altro. Quando ci viene chiesto, quello che molti di noi sentono veramente è: «Qual è il tuo valore come persona?». In effetti parlare di soldi è sempre complicato, spesso è legato a sentimenti di vergogna o imbarazzo, sia che si parli di successo che di fallimento. Quindi no che non dovrebbe essere un metro per l’autostima, ma serve parlarne perché il segreto salariale ha delle conseguenze dirette sulla mancanza di trasparenza e sulla disuguaglianza retributiva che – indovina un po’? – colpisce in maniera sproporzionata donne e minoranze. Da qui l’invito a discutere apertamente di stipendi tra colleghi. Certo che capita di essere scoraggiati a farlo, in sede di trattative varie come quelle su premi, bonus e aumenti, ma non è vietato. Ospite di Domani da tre settimane ho già ricevuto un po’ di lettere. Ci sono lamentele e sfoghi. Ci sono abituata: il libro Il pessimo capo (Longanesi) è nato così, ho ascoltato storie, lamentele, sfoghi. Poi il 13 ottobre è stata approvata dalla Camera all’unanimità – incredibile vero? – una proposta di legge sulla parità salariale tra i generi, che andrà a integrare il Codice delle pari opportunità del 2006. Deve ancora passare al Senato [EDIT: la legge è stata approvata il 26 ottobre 2021].
Potremmo non parlarne, se non fosse che parlarne serve: tra le altre cose la proposta aggiunge tra le discriminazioni indirette (quei comportamenti che sono neutri solo apparentemente) «la modifica delle condizioni e dei tempi di lavoro che sfavoriscono in ragione del sesso e delle esigenze familiari». Penso ci sia un solo modo per iniziare a cambiare le cose: notarle.

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* QUANTO COSTA FARMI PERDERE TEMPO? ::

Facciamo due conti: quanto costa farmi perdere tempo?

Secondo la graduatoria retributiva dei 36 paesi membri fornita dall’OCSE, l’Italia è al 22° posto in classifica, con una retribuzione annua lorda media di circa 32000 euro.

Circa, di nuovo, 1700 euro netti al mese. È quella che in tutti i master spiegano con il termine tecnico di «media del pollo», ovvero: io sono vegetariana, ma secondo gli ultimi dati di Coldiretti, quest’anno ho mangiato 21,56 chili di pollo anche io. Quindi userò la media di 1700 euro per calcolare quanto costa il mio tempo, come il tuo. Sì, nelle ultime settimane è tornato il tema del salario minimo, ovvero la garanzia che non si possa scendere sotto una certa soglia minima di retribuzione. Questo perché 1700 euro mica li prendiamo tutti per davvero. Il pollo, dicevo. Ma andiamo avanti con l’esempio: secondo questi calcoli stiamo guadagnando tutti 10 euro nette all’ora. Circa. E costiamo all’azienda almeno il doppio.

Ho iniziato a lavorare in tempi in cui aprivo il pc, andavo a prendere il caffè e tornavo al mio posto in tempo per vederlo accendersi. Quanto tempo ci mettevo a andare e tornare dalla macchinetta del caffè, chiacchiere comprese? Facciamo 10 minuti. Oggi non è così. Forse.

Vediamo cos’è successo nelle aziende nella fretta di trovare una soluzione per implementare lo smart working: molti uffici hanno dovuto comprare nuovi pc portatili per permettere a tutti di lavorare da casa.

«Il mio pc di lavoro è lento. Anche il Wi-Fi è lento, ma solo su questo computer. Non capisco perché…»

Dicevo lunedì scorso che mi sarei seduta accanto alla tua scrivania, ricordi?

Eccomi qua a controllare perché non va il tuo pc. Guardiamo dei numeri anche qui? La RAM è di 4GB. Per capirci: con questa condizione di partenza già aprire più programmi contemporaneamente può rallentare di molto il lavoro. E chi di noi apre un solo programma alla volta? Da un po’ sono la matrigna di una gamer undicenne. Nina gioca a Minecraft e il suo pc ha 16GB di RAM.

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