* COME LA COMUNICAZIONE CAMBIA LE AZIENDE ::

In che modo la comunicazione cambia le aziende? Non solo come vengono percepite.
Poco più di 10 anni fa Diego Bazzano si laurea in Relazioni Pubbliche allo Iulm con una tesi – relatrice Annamaria Testa – dal titolo: Parliamoci Chiaro. Perché semplificare il linguaggio della Pubblica Amministrazione. Non sapeva cosa avrebbe fatto da grande, ma dopo anni in agenzia, oggi è responsabile dei media digitali e dell’informazione ai passeggeri di ATM, l’azienda trasporti milanesi.

ATM INSTAGRAM

Abbiamo capito – più che mai negli ultimi due anni – che come si dicono le cose influenza il comportamento delle persone. L’emergenza sanitaria è stata uno stress test per la comunicazione istituzionale: istituzioni, e professionisti delle istituzioni, come delle aziende, non abituati a comunicare con coerenza e efficacia già in tempi ordinari, hanno visto fallire – o alla meglio ignorare – i loro sforzi. ATM aveva già cambiato il suo tono di voce e rinnovato la comunicazione ai viaggiatori (dagli avvisi appesi alle fermate quando una linea modifica il percorso, agli annunci sonori che danno indicazioni sui cambi nelle stazioni della metro). Ho chiamato Diego stamattina alle 8 per parlare di questo tema: come la comunicazione esterna cambia le aziende all’interno? 

«Quando lavoravo in agenzia ho imparato la scrittura funzionale, quella che serve per spiegare le cose, ma nei miei primi anni in ATM ho fatto anche lavori che non erano proprio nelle mie corde, ma mi sono serviti per assimilare certe sensibilità aziendali nell’approccio alla comunicazione esterna. Con il cambio di management l’informazione al pubblico è diventata strategica. Oggi, in un’era digitale, dove a Milano i mezzi pubblici vengono considerati una commodity, l’informazione è il servizio». Quando succede che l’azienda inizia a cambiare? «Quando il management condivide una visione e si affida a chi se ne fa promotore. Il mio sforzo è stato quello di far capire cosa so fare. Il mio capo ha saputo trovarmi la giusta collocazione e portare il valore che so esprimere a vantaggio dell’azienda».

E nel lavoro col team? «Ho trovato internamente le persone in grado di abbandonare il ferrotramvierese. E ho delegato, permettendomi così di crescere e lavorare sulla visione strategica», mi ha detto Diego Bazzano che in un’intervista di tempo fa regalava alcune buone regole: «I follower sono antenne sul territorio: ascoltare la loro voce ci dà il polso sul vissuto del servizio. Argomentare sul merito, lasciar cadere le provocazioni. Concentrarsi sulla missione: dare ai passeggeri le risposte che cercano».

Vale per tutto.

Anche di delega, oltre che di organizzazione del lavoro, ho parlato in Il pessimo capo. Manuale di resistenza per un lavoro non abbastanza smart (Longanesi).


Questo è un estratto della mia newsletter inviata a dicembre 2022 che puoi leggere qui.

* LE TRADIZIONI HANNO SEMPRE UN INIZIO ::

Sono grande fan delle tradizioni (e del karaoke, ma ci torno dopo).
Le tradizioni hanno sempre un inizio: a un certo punto qualcuno fa/organizza una cosa e se è una bella idea e si decide di ripeterla l’anno dopo, e quello dopo ancora, allora diventa una tradizione.

L’albero di Natale

Io faccio l’albero di Natale ogni anno appena si può, seguendo il calendario commerciale.
Non è vero: non lo faccio io, ho una chattina organizzativa – come per tutto – dove invito gli amici a venire a casa un weekend di solito di novembre. I primi che arrivano scendono anche in garage a prendere tutto l’occorrente. E così – mentre io apro bottiglie di vino o metto su la moka, in base all’ora – in due giorni l’albero è fatto. Grazie amici che anche quest’anno avete fatto l’albero di Natale: ci vediamo il 2 che lo smontate, ok? Sì, è una tradizione pure che non lo smonti io.

Capodanno

Un’altra tradizione è che non festeggio Capodanno mai e mai quando l’ho fatto ho partecipato volentieri:
1. avevo 19 anni e in discoteca mi hanno toccato il culo= non sono più andata in discoteca anche perché chiesi al fidanzato dei tempi di andar via senza grandi spiegazioni ché lui e gli amici suoi come minimo ammazzavano qualcuno se glielo avessi detto: ciao sconosciuto, ti ho salvato la vita (non apriamo una discussione sul patriarcato, sì a pacchi è chiaro)
2. vivevo a Roma in quella casa bellissima e piccolissima in via dei Banchi Nuovi che girato l’angolo c’era il ponte di Castel Sant’Angelo e capitava ancora che i miei amici suonassero il citofono senza preavviso e mi dicessero di scendere; quella sera passarono due amici a prendermi che stavano andando in Piazza del Popolo, c’era gente che ballava sui cassonetti e una folla da sagra di paese, era il capodanno del 2000.
Fine dei festeggiamenti.

Quest’anno andiamo per il compleanno di Tommaso al Birrificio Ribalta, dove Myriam aveva già fatto pure la presentazione del libro (vale consiglio per gli acquisti), insomma un posto di casa, nel quartierino.
Manifestino di capodanno: il 31 karaoke.
Sai, sono grande fan.
Myriam dice che le piacerebbe, Alfredo risponde che non possiamo andare a fare karaoke senza le bambine (sì le chiameremo bambine fino ai 28 anni, come ricorda a tutti Diamara che ora ne ha 13). Mi sto dilungando, sì. Ancora un po’ di dettagli: i nostri turni del calendario-figlie-di-genitori-separati quest’anno non prevedevano il 31, tornavano dagli altri genitori entrambe il 30.
Chiediamo di tenerle un giorno in più. Gli altri dicono ok.
A Capodanno abbiamo le bambine e penso che sia arrivato il momento di festeggiare in ogni occasione utile stare insieme a chi ti piace e queste due bambine che protestano per il menu da grandi ci piacciono molto. E ci piacciono pure Myriam e Tommaso ché il Capodanno lo festeggiamo anche con loro.
Segue karaoke.

Un’altra tradizione

Ieri ho inventato un’altra tradizione. Ho dato un budget alle figlie per farsi un regalo da sole. Poi avranno i nostri, anche, certo. Ma ognunǝ di noi dovrebbe imparare anche a pensare un po’ più a sé quindi la regola è che quel budget si trasformi in qualcosa per sé incartato sotto l’albero. Io ho comprato per me un nuovo libro di Alice nel Paese delle Meraviglie (e ieri insieme a un panettone formato famiglia ho preso anche quello per due che non lo avevo preso mai: Alfredo ora troviamo però un giorno che davvero siamo soli).
panettone per due

Anni fa – per noi vecchi dell’Internet – c’era la tradizione di scrivere un PSLA, un post sotto l’albero. Dodici anni fa ne ho scritto uno anche io. E oggi di nuovo.

* E LA COLPA DI CHI È? ::

Tanti anni fa, facciamo un conto: 11 anni fa, è successa una cosa di cui mi sono sempre vantata poco.
Ho capito l’importanza di avere una RACI, una matrice di assegnazione delle responsabilità.
Tim Cook è diventato CEO di Apple nel 2011. Quell’anno Steve Jobs, pare a sorpresa, salì sul palco in occasione dell’evento di presentazione dell’iPad 2 e tra le wonderful wonderful Apps che citò c’era Virtual History di cui avevo seguito il lancio. «È la prima volta che un’applicazione realizzata in Italia, da un team tutto italiano, riesce ad ottenere un successo simile», scrissero tre giorni dopo le riviste specializzate. Tre giorni dopo.

Noi che ci avevamo lavorato ce ne siamo vantati sempre troppo poco, ma mentre seguivamo quello che – non potevamo saperlo – sarebbe stato l’ultimo speech di Steve Jobs vedemmo la nostra App, ma non sapevamo a chi dirlo.

C’era stato un comunicato stampa, certo. Vecchio di mesi. Che essendo stato scritto e inviato alla stampa specializzata a gennaio non raccontava quell’incredibile sorpresa, tantomeno – essendo passato troppo tempo – non permetteva a giornalisti e appassionati di riconoscere Virtual History come App italiana. Serviva un altro comunicato. Ma, sì, sapevamo pure a chi dirlo. Ma serviva tornare in ufficio, fare una riunione col capo, che il capo ne facesse un’altra e così via. Quel comunicato lo facemmo mandare, certo. Dopo: oggi sarebbe una notizia vecchia, che faticheremmo a far uscire. Fu così pure allora. Mica no. Immaginate tutti i «Ma ne abbiamo già scritto due giorni fa dell’evento».

Con i social media e l’uso che ne facciamo oggi magari sarebbe bastato riprendere quella notizia aggiungendo l’autocelebrazione di questa menzione speciale. Ma sarebbe successo, nella migliore delle ipotesi, sempre il giorno dopo, in mancanza di una RACI che ci permettesse di informare velocemente chi poteva decidere di far uscire una nuova comunicazione a quell’ora.
Quindi tre giorni sono tanti o pochi?
E ora torniamo alle solite cose che la responsabilità è la mia.
Ah ieri c’è stato un nuovo evento Apple, ma non ho una storia da raccontare questa volta. O non ancora.

IL BIGNAMI DEL MARKETING

  • Il 12 ottobre a Milano c’è il B2B Day. Poi ne parliamo.

CONSIGLI PER LEADER PROMETTENTI

  • Non avere paura di parlare di soldi.
  • «Il successo non è solo conseguenza delle nostre azioni. E non dipende neppure interamente dall’impegno e dal talento che ci mettiamo, ma anche da tutta una serie di circostanze esterne, da una certa disposizione delle stelle in quel preciso momento. E questo è un bene. Perché la narrazione secondo cui possiamo ottenere tutto ciò che vogliamo, mette su di noi una responsabilità brutale. Occorre invece imparare a gestire il successo senza cadere nel senso di onnipotenza», Annalisa Monfreda racconta l’intervista a Licia Troisi. Si ascolta qui.

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  • Quando torni? è una delle scritte comparse sui muri di un paese in Calabria grazie a un progetto di riflessione sulle definizioni abusate di marketing territoriale. In breve: un borgo è abbandonato, un paese è vivo. Puoi leggerne su Frizzifrizzi. All’uscita del mio libro sui capi (Il pessimo capo. Manuale di resistenza per un lavoro non abbastanza smart, Longanesi) sono stata ospite in Regione Lombardia in un dibattito sullo smart working dove si è raccontato come – a seguito dell’emergenza sanitaria prima, ma come scelta poi – le comunità montane in Lombardia hanno ripreso a crescere. Dove si trasferiscono più persone c’è bisogno di servizi, negozi di prossimità: far girare l’economia, non solo in città.

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https://twitter.com/donatacolumbro/status/1562720433933529089

  • Che differenza c’è tra efficienza e efficacia?
  • Quiet quitting è la nuova definizione di un comportamento che conosciamo già: quando una persona lavora facendo il suo, un po’ più che meno del minimo. In pratica: quando un collega ci ha mollato. Anche in questo caso la colpa è di una cattiva gestione manageriale.
    L’artista perfomativa finlandese Pilvi Takala nel 2008 propone un progetto a Deloitte che ha come scopo evidenziare come ogni giorno tutte e tutti noi dobbiamo mostrarci sempre indaffarati per giustificare – con noi stessi e con la società – il tempo che passiamo al lavoro. Essere indaffarati non aiuta a pensare. Nel mio lavoro io vengo pagata per pensare, non per essere indaffarata. E nel tuo? L’opera è The Trainee e ha come protagonista l’artista che per un mese ha lavorato come tirocinante nel reparto marketing di Deloitte. Puoi leggerne qui o ascoltare la prima puntata di Il lavoro non ti ama, un podcast in cinque puntate che racconta com’è oggi il mondo del lavoro digitale, creativo, cognitivo e culturale.

COSE CHE HO COMPRATO

  • Un impermeabile da tenere sempre nello zaino quando esco per andare in ufficio.
  • Un paio di questi reggicavi. Per tenere più in ordine.
  • I finti gessetti per scrivere sulla porta di casa le cose da fare.

️ DALL’ARCHIVIO


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* COME EVITARE FRAINTENDIMENTI? ::

Come evitare fraintendimenti? Non si può. C’è chi fa il furbo, o la furba, e chi davvero non capisce, ma ecco una lezione utile su come affrontare le cose, con esempi facili: la replica di Mario Draghi in Parlamento dopo le sue dimissioni la settimana scorsa che, per spiegare le cose a prova di furbi fraintendimenti, ha usato frasi come «A questo punto esistevano due possibilità…» e altri modi chiari – come aggiungere, a mo’ di inciso, «rileggo» – a sottolineare la dichiarata incapacità altrui di comprensione del testo. Poi chi vuole continuare a pensare d’esser furbo, certo, lo farà.

E ora torniamo alle solite cose, poi andiamo in vacanza che il caldo riduce le capacità di concentrazione.

IL BIGNAMI DEL MARKETING

  • Google rimanda – di nuovo – il blocco dei cookie di terze parti a fine 2024. Bene. Poi se l’adv sarà cookieless sarà comunque qualcos’altro, a me basta che io venga profilata per interessi e non perseguitata da un adv che ha come target tutte le donne tra i 40 e i 50 anni con interessi, gusti, passioni diversi dai miei. A proposito: hai registrato il tuo numero di cellulare al Registro pubblico delle opposizioni? Serve a non ricevere più telefonate pubblicitarie non richieste da numeri sconosciuti, fissi e non. (Sul tema, più o meno, leggi anche: Il cordone ombelicale del numero fisso. Sul Financial Times).
  • «Non siamo obbligati a empatizzare, ma è utile, se non fondamentale, capire cosa muove gli altri, i famosi perché», lo spiega Nicola Bonora qui.

CONSIGLI A LEADER PROMETTENTI

  • Come accelerare il percorso di creazione di valore a lungo termine in periodo di crisi? Qui la guida di EY: 2022 CEO Outlook. In breve: tecnologia, M&A e supply chain.
  • Cosa succede quando mancano la cultura del lavoro, la cultura della legalità e pure quella della comunicazione. Su Dissapore.
  • Cos’è l’incompetenza inconsapevole? Oltre a essere la mia nuova definizione preferita, intendo.
  • È possibile accelerare la creazione di vicinanza e intimità tra due sconosciuti? Ovvero: come si fa un’intervista. Su Gua Sha.

BANALI COMPITI PER LE VACANZE


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La gente pensa a noi infinitamente meno di quanto crediamo. Non ci pensa quasi mai, questa è la verità.
Sandro Veronesi, Caos calmo (La nave di Teseo)

 

* lL BIGNAMI DEL MARKETING PER LE VENDITE ::

Quando si apre una start-up si parte dalle 3 F: fool, family e friends. Ovvero i primi a entusiasmarsi al progetto (saranno sciocchi perché non ci diventano certo ricchi, almeno non subito), e poi – o prima – familiari e amici. Funziona così qualunque progetto: da aprire una pagina su Facebook, LinkedIn o Instagram – dove i primi like sono di amici, parenti, dipendenti, fan (ne aveste) – a vendere un prodotto.

Abbiamo avuto tutti una zia che vendeva Tupperware, Avon, Bimby o Stanhome.

La necessaria sinergia col marketing

Cos’è successo nel mondo delle vendite con l’emergenza sanitaria in corso?
I commerciali, come le zie, non sono più andati a trovare a casa o in ufficio i potenziali clienti. E mentre le zie si organizzavano con nuovi mezzi, Confindustria organizzava corsi destinati alla forza commerciale dei propri iscritti per raccontare la necessaria sinergia col marketing che le aziende dovevano apprestarsi a fare. Da te in ufficio lo hanno fatto?

Ecco 3 cose che se lavori nelle vendite non puoi non sapere

Perché nelle vendite e non nel marketing? Perché il marketing serve a vendere e se non chiedi aiuto al marketing o se il marketing non ti aiuta continui a sfogliare la tua lista di contatti e finiti quelli hai finito di alimentare la pipeline.

1. Chef Tony, quello dei Miracle Blade, ha reso famosi i suoi coltelli mostrando cosa riuscivano a tagliare. In Will it blend? 14 anni fa Tom Dickson di Blendtech frulla un iPod e a seguire ogni modello nuovo di iPhone.

Sì, è importante quello che sai fare. Non quello che racconti ma non esiste.

2. Come ogni anno anche quest’anno ho guardato Sanremo che anche quest’anno è stato divertente e noioso il giusto (e io sono arrivata 6a nella mia Lega del Fantasanremo. Non sai cos’è? Ok, non è importante, ma sappi che ha acceso un faro sulle potenzialità lontanissime dall’essere saturate dell’integrazione tradizionale-digitale che paradossalmente erano già lì, aspettavano solo da anni di essere colte). Insomma tu lo hai visto? No, dici? Strano. Mancavi solo tu.

Si impara sempre da tutto, sai?

Un esempio pratico: nella prima serata il 70% dei telespettatori dai 15 ai 19 anni ha seguito il Festival di Sanremo su RaiUno (e 80% delle donne 20-24, 67,70% degli uomini della stessa età), nel frattempo però gli autori tv – che evidentemente non ci credevano – hanno scritto battute per il target 75 anni che è la percentuale di pubblico televisivo più alta fuor di eventi.

Ricorda: devi sempre sapere a chi stai parlando e usare temi, linguaggi, tempi giusti per il tuo pubblico.

3. Il passaparola è stimolato dai tuoi migliori clienti e alcuni di loro sono anche in qualche database. Vai a controllare.

sito Tupperware

Extra: Tupperware, dicevo. E che si impara da tutto, pure l’ho già detto?
La brillante strategia di marketing di Tupperware negli anni ’50.

 


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