* LAVORO TROPPO? ::

Entro nella sede dell’azienda dove lavoro intorno alle 9.30, presto rispetto a un tempo quando arrivavo anche un’ora dopo. Prestissimo in confronto agli orari di quando lavoravo come cronista: i giornali chiudono alle 22 o poco dopo. Una volta alla settimana facevo il turno fino all’1 per la seconda ribattuta, di solito si aggiungevano solo brevi di cronaca nera. In redazione entravo, di conseguenza, anche dopo le 15.

Orari flessibili, anche se flessibili non sono, soprattutto quando devi andare a cercare le notizie per strada o quando devi correre sulla notizia: campi rom sfollati al mattino presto, assediati dopo mezzanotte, suicidi e omicidi senza orario, oltre che senza ragione.

Oggi vengo pagata per lavorare 8 ore al giorno, ma spesso durante la pausa pranzo parlo di lavoro: lavoro 9 ore, ma solo 9?
No, anche durante le due ore che faccio di viaggio, una all’andata e una al ritorno, smaltisco la posta o metto in ordine le idee: sono sempre preparata su tutto. Leggo tutte le mail in cui sono in copia. Tutte. Sono tantissime.

Anche oggi, a fine di una lunga e impegnativa settimana, però, mi toccherà giustificare perché vado via… prima.

Eppure, rispondo a mail anche nel weekend, quando – spesso – metto in ordine appunti per presentazioni, piani di lavoro, quando non devo anche essere online.
Spesso, poi, è proprio nel week end che ho più tempo per leggere le ultime novità, vedere cosa fanno gli altri, farmi venire idee nuove.
A me piace, lo ammetto, sono una workhaolic, ma come lo faccio capire alle persone che mi vedono andar via venerdì alle 18?

Il difetto di noi digitali è che non abbiamo una fabbrica da cui uscire, cit. 7th guest (che era su friendfeed).

Vi racconto una storia

Anni fa un ragazzo che conoscevo, un ingegnere, andò a lavorare per una società in America che collaborava con la Nasa.

Ogni sera era l’ultimo ad andarsene.Un giorno il suo capo lo chiamò per dirgli che non erano contenti di lui perché avevano notato che lavorava fin dopo l’orario di lavoro e la cosa non era vista bene:

«Ti abbiamo dato un lavoro da fare entro un orario stabilito, se ci metti più tempo del previsto forse non è il compito adatto a te».

Sinceramente rispose:

«In Italia non è così: se hai finito il lavoro che hai da fare mica puoi andare via».

Nei giorni successivi andò via nell’orario stabilito dal suo contratto. Lavora ancora lì.

 

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