* DECIDI DOVE VUOI ANDARE. IO TI CI PORTO ::

Ho un dono. So sempre dove vanno a finire le cose.

Non gli oggetti, le storie. Anni fa mi rovinavo il finale di tutti i film. Poi Lost mi ha spiazzato, sì e ancora non me ne sono fatta una ragione.
Vedere una serie tv con me non è divertente: so spesso cosa sta per succedere e mi diverto a raccontarlo. Ho sempre dato la colpa a un corso di sceneggiatura fatto nel 2003. Il viaggio dell’eroe, l’antagonista, la motivazione… la circolarità, tutto spiegato così semplice da vedere quel pattern ovunque.

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Ho mai scritto una sceneggiatura? No. Ero lì per imparare a scrivere.
Avevo seguito, due anni, prima un altro corso, lungo e meraviglioso anche quello, di scrittura narrativa.
Tutto serve.

Nel mio lavoro è fondamentale raccontarle bene le storie. E vederci dentro possibili incongruenze per evitare di dover tornare indietro nel percorso che porta un brand verso la crescita.
Decidi dove vuoi andare: io ti ci porto.

La figlia di una mia amica leggeva i libri di Harry Potter via via che uscivano. Aveva un quaderno su cui segnava gli errori che trovava nei racconti successivi.
Un po’ è avere grande memoria per i dettagli. Un po’ è un dono. E tanto di quello che siamo lo fa la vita che abbiamo avuto. E che ci è stata mostrata da pari e famiglia. Non solo perché ci ricordiamo esempi e avvenimenti, ma soprattutto perché ci spieghiamo il mondo con l’esempio, positivo o negativo.
Gli esempi non sono mai neutri. E sicuramente mai lo è il modo in cui li raccontiamo.

Ti va di rispondere a una domanda?

È breve, ma tu puoi scrivere – come ti va – una riga o una pagina rispondendomi a questa mail:

che lavoro fa – o ha fatto – tua mamma?

Puoi dirmi tutto, tanto io non sono mica la finanza.

In un esercizio sul libro di italiano delle elementari si chiede di cancellare il verbo inadatto a raccontare cosa fanno la mamma, il sole, il cavallo, lo scoiattolo, l’acqua, il papà. Lo avrai visto passare anche tu su Twitter o Facebook. Altrimenti ne leggi qua.

🙄Vorrei provare a spiegare perché è un problema, scrive Irene Biemmi sulla rivista Il Mulino. «Che male c’è se la mamma stira» in un libro di seconda elementare nel 2019?
Prima considerazione: il problema non è che una mamma stira (o cucina o pulisce o mette a letto il figlio/la figlia ecc.), il problema è che la quasi totalità delle donne vengono ritratte mentre sono alle prese con le attività domestiche mentre la maggior parte degli uomini vengono rappresentati come professionisti. Il libro di testo impone un modello unico quando dovrebbe fare l’esatto contrario: offrire a lettrici e lettori una grande varietà di modelli e di situazioni da cui attingere per costruire un’immagine autentica di sé e del mondo esterno.

👉Sugli esempi, ieri, ho scritto una cosa breve anche qua.

⚠️UNA COSA CHE TI CONSIGLIO ASSAI è leggere questo articolo sugli ambienti di lavoro negativi e no che non mette allegria, ovviamente, perché stando all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) cambiare ambiente lavorativo produce sì nuove opportunità di sviluppo professionale, espansione delle proprie reti e innovazione, ma la portata e il ritmo del cambiamento possono non tenere conto del benessere delle persone, determinando problemi di salute fisica e mentale, abuso di alcool o altre sostanze, assenteismo e perdita di produttività.
🙅🏻Insomma: vuoi cambiare davvero lavoro? Magari non ce la fai.

L’ANGOLO DELLA POLITICA (che se non ti interessa puoi pure saltare, ma secondo me non dovresti farlo).

🗳️Il populismo sa come si fa comunità, da un breve saggio sulla paura su Doppiozero.
🔥Luigi Di Maio su Tinder è un fake, ma l’esperimento è interessante.

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[la foto in apertura è di The359, licensed under CC BY-SA 2.0]

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