* DITELO A QUELLI DI BARILLA ::

La gente guarda la tv. La gente ancora sfoglia i giornali e ascolta la radio.

È per questo che la pubblicità è importante. Per quello che vende, oltre ai prodotti.

Gli italiani hanno imparato a parlare in italiano grazie alla tv:

«All’epoca (…) di “Lascia o Raddoppia?”, il 66% della popolazione italiana, e soprattutto al sud, era dialettofona, cioè parlava in dialetto. Mike aiutò gli italiani a parlare l’italiano, una lingua semplice ma ben comprensibile proprio a quella fetta di popolazione che ancora usava i dialetti».
Francesco Sabatini, ex presidente dell’Accademia della Crusca su La Stampa

È per questo che la pubblicità è importante. Soprattutto quella che va in tv e che racconta al paese reale quello che c’è fuori.

È per questo che per cambiare il mondo ci serve che cambi anche la pubblicità. Che ci siano famiglie con un solo genitore, con due genitori e due case diverse, con una mamma e due papà, con due mamme o due papà e così via. Tutte le famiglie diverse che conosciamo (forse più nelle grandi città).

Fuori il mondo sta cambiando, ma per non spaventare nessuno, la pubblicità – che il più delle volte ci rassicura – tende a non tenerne conto. Fa bene? Sì. È il suo mestiere.

Il problema è che chi vive di sola tv, chi non legge (la stragrande maggioranza degli italiani), chi s’informa poco (la stragrande maggioranza degli italiani), chi non vive nelle grandi città (la stragrande maggioranza degli italiani e la differenza non è tra nord e il sud, il problema sta nella differenza tra città e paesi di provincia) non avrà modo di crescere. Sì, siamo ridotti così: spero che la tv possa far qualcosa. Come quando gli italiani impararono l’italiano non a scuola, ma con Mike Bongiorno.

Chi fa la tv ha ancora grandi responsabilità. Chi fa la pubblicità anche.

Ditelo a quelli di Barilla che fanno la mia pasta al dente preferita, che fanno pubblicità bellissime, ma che io prima o poi mi aspetto di più anche da loro. Non per cambiare il mondo (che pretese) ma per raccontare quello in cui viviamo già. Senz’allarmismi da tv del pomeriggio, da titoli (brutti) dei tiggì.

Ne ho scritto anche su BlogLive.

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